Senza giri di parole Lando Maria Sileoni, segretario generale del maggiore sindacato dei lavoratori bancari —Fabi — interviene sui temi scottanti del momento: la conservazione del valore del risparmio, eroso da un’inflazione oltre il 3%, e il possibile caro-mutui che si potrebbe determinare nei prossimi mesi.
«Senza una robusta crescita economica e, quindi, senza un aumento delle retribuzioni, sui 1.143 miliardi di euro lasciati dalle famiglie sui conti correnti bancari pesa, di fatto, una tassa occulta di circa 35 miliardi annui, pari al 3,1% di inflazione, il livello registrato a ottobre in Italia, mentre nell’eurozona è al 4,1%, in Germania al 4,6% e negli Stati Uniti al 6,2%.
È un tema che ignorano in tanti, ma è un problema serissimo perché si impoverisce il Paese e non ce ne accorgiamo», ha dichiarato Sileoni durante la trasmissione Mattino Cinque in onda su Canale 5.
Galleria: Confesercenti, italiani più poveri, persi 35/40mld consumi (Ansa)
«L’inflazione - ha osservato Sileoni - è generata soprattutto dalla speculazione sulle materie prime, ma diventa un problema per tutti: per le famiglie, perché con l’aumento dei prezzi calano i consumi, per le aziende perché cala conseguentemente la produzione e per lo Stato perché aumenta, col rialzo dei tassi di interesse, la spesa pubblica».
Secondo il segretario generale della Fabi, «l’aumento dei tassi di interesse, innescato dalla corsa dell’inflazione, potrebbe rappresentare un problema per i mutui, perciò faccio una proposta al presidente del consiglio, Mario Draghi, affinché, assieme al presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, appena designato per un altro mandato, possa trovare una soluzione volta a porre un tetto, per un anno, sui tassi di interessi praticati dalle banche sui prestiti per la casa.
Draghi conosce perfettamente il settore bancario e, se metterà attorno al tavolo, gli amministratori delegati dei principali gruppi bancari italiani, troverà certamente una strada per aiutare le famiglie».
Oggi il tasso di interesse medio praticato su un prestito da 100mila euro di durata ventennale è di circa l’1,2% per i tassi fissi e poco di meno per il variabile.
Siamo a livelli storicamente molto bassi, che il nuovo scenario inflativo che si va delineando potrebbe modificare.
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